È già settantenne Jacopo Robusti, il Tintoretto, quando, nel 1588, comincia a dipingere il Paradiso di Palazzo Ducale. Ha vinto il concorso bandito dalla Serenissima dopo l’incendio del 1577. La tela campeggia nella Sala del Maggior Consiglio. Jacopo si fa aiutare dal figlio Domenico (Venezia, 1560 - 1635) e dalla bottega. Se ne conoscono più modelli. Quello della Collezione Intesa Sanpaolo alla Querini è attribuito con largo consenso a lui. Sulle orme del padre scompone l’assemblea celeste, non più disposta a semicerchio in contemplazione, ma per gruppi tumultuosi. L’impresa termina nel 1594, anno di morte del vecchio maestro.
Scorbutico, esoso: le testimonianze concordano, ma il caratteraccio di Antonio Canal, il Canaletto, non scoraggiava la clientela. Ricchi di mezza Europa volevano le sue vedute, di Venezia specialmente, e gli Inglesi più di tutti: una sorta di ‘Canalettomania’. I quadri, due vedute del Canal Grande, sono repliche di una serie di quattordici tele che il Canaletto (Venezia, 1697 - 1748) dipinse negli anni ’30. Vendeva l’immagine della Venezia del suo tempo. La caduta della Repubblica - di lì a poco - l’ha fissata a lungo così, ferma nel Settecento, come fosse l’ultima.
Un reporter del Risorgimento. Ippolito Caffi (Belluno, 1809 - Lissa, 1866) ha fatto il ’48 e la spedizione dei Mille con Garibaldi, ma è stato anche pittore di viaggi: l’Italia, la Grecia, l’Egitto, Parigi, Costantinopoli. Di Caffi la Collezione Intesa Sanpaolo conta due bellissimi quadri: il 'Notturno con la piazzetta e Palazzo Ducale' e un 'Autoritratto'. Pietro Selvatico di lui dice: “Il pittore che meglio sappia gli effetti notturni”, come ben dimostra nell’opera in collezione. Il chiaro di luna batte sull’acqua e inonda la Piazzetta. Questo scorcio è un classico del vedutismo tardo settecentesco e ottocentesco.
Di Arturo Martini (Treviso, 1889 - Milano, 1947) la Querini ospita due grandi sculture in pasta di cemento e otto bassorilievi in bronzo. Le sculture raffigurano probabilmente un’Allegoria del mare e un’Allegoria della terra. Sono opere giovanili. Richiamano la prima statuaria greca. Con quelle forme stilizzate l’artista apre la strada di un rinnovamento della scultura italiana. Lo si intravede anche nei bassorilievi del 1917: colgono la quotidianità delle trincee della Grande Guerra. Martini li presenta a un concorso per un monumento. Non vince. Troppo drammaticamente sincere, troppo poco patriottiche le sue istantanee.