Sulla facciata del palazzo brillano i neon dell’americano Joseph Kosuth. Esponente dell’arte concettuale, li ha piegati a tracciare parole primordiali: 'Linee astratte', 'Forme della terra (cristalli)', 'Forme dell’acqua (onde)', 'Forme dell’aria (nuvole)', 'Forme organiche (conchiglie)'; l’installazione conta dodici scritte luminose a varie altezze. È 'La materia dell’ornamento', 1997. Kosuth si è ispirato a 'Le pietre di Venezia' di John Ruskin, (1851 - 1853). La classificazione di elementi architettonici decorativi per categorie pensata dal critico d’arte inglese diventa qui ornamento essa stessa, attivando relazioni inaspettate.
'Nel momento' è un dono di Remo Salvadori come traccia della mostra 'L’osservatore non l’oggetto osservato', del 2005. È un lavoro del 1973, ricavato dal taglio e dalla piegatura di tre fogli di piombo. L’atto di tagliare, secondo rapporti numerici e armonici, per l’artista è un esercizio di disciplina. Lo scopo è schiudere la materia alla forza della luce e sottrarla all’ottusità della propria natura buia e sorda. I fogli di piombo disposti a terra tracciano un percorso di relazione, scandito dal confronto con l’architettura ‘nel momento’ di tempi e spazi differenti.
La scultura 'Io (seated)' nella Casa Museo è una statuina seduta, donata dall'artista americana come ricordo della mostra 'Homespun Tales. Storie di occupazione domestica', del 2005. Rivisita il mito greco di Io, sacerdotessa della dea Era, moglie di Zeus. Invaghito della donna, Zeus ricorre a uno dei suoi soliti stratagemmi per sedurla al riparo della gelosia di Era, tramutandosi in una nube. Nell’interpretazione contemporanea di Kiki Smith sembra che la giovane sacerdotessa stia giocando con una matassa, lucente e misteriosa, la nube. Che sia lei, in realtà, a condurre il gioco della seduzione?
Così Maria Morganti parla del suo lavoro: “Io non faccio il colore, lo trovo”. L’artista ha concepito il dipinto 'Sedimentazione' per la Sala dell’Ottocento della Casa Museo in occasione della personale del 2008. Prendendo spunto da oggetti e quadri esposti nella sala, in particolare dall’impasto cromatico di un fiore tra i capelli de 'La modella' di Alessandro Milesi (1910), ne assorbe le tinte. Il processo creativo è evidente sul bordo superiore della tela, dove si accumula in strisce sottili la storia delle stratificazioni: è il diario cromatico, l’accumulo dell’esperienza, la traccia del lavoro dell’artista.
'Porte tagliafuoco' è il titolo del lavoro di Stefano Arienti. Nasce per la mostra 'Disegni dimessi', del 2008. L’artista trasforma in opere d’arte due porte tagliafuoco del portego della Casa Museo, mimetizzandole con l’ambiente settecentesco. Arienti applica ai battenti pellicole adesive, di plastica, che imitano il legno, di quelle che si trovano comunemente in commercio. Le taglia a piccoli rombi, fingendo un intarsio di varie essenze e che imita quello delle porte antiche presenti nell’ambiente. Le porte acquisiscono così un nuovo valore e diventano una soglia simbolica fra passato e presente.