Alla Fondazione Querini Stampalia si coltiva il raro sentimento della meraviglia, quello che per Platone dà origine al pensiero e che per Rebecca Solnit è una forma di libertà, un orientamento etico verso l’ignoto. Seguendo le orme visionarie di Giovanni Querini, la Fondazione si propone come un arcipelago vivo di esperienze, dove la conoscenza non ha centro, ma si diffonde per connessioni e analogie: rizomatica, eclettica, non gerarchica. La laguna è il luogo dove esercitare quel senso di meraviglia evocato da Rachel Carson, dove unione e separazione, soglia e fondamenta, si scambiano di continuo le parti. Qui la meraviglia è metodo, come per Carlo Rovelli, che la riconosce nella struttura stessa del tempo e della realtà. È tensione e abbondanza: insegna a guardare nei dettagli il battito del mondo.
Se il futuro spetta ai visionari – quelli che sognano ai margini e accendono speranze – allora qui facciamo spazio allo stupore. Facciamone scorta. Un booster, un refill di un’energia che è sempre disponibile, ma che a volte ci sfugge come sabbia tra le dita.
Scendiamo in campo insieme ai leoni poderosi di Davide Rivalta, creature araldiche e familiari, custodi e compagni di sosta. Ci fermiamo sulla soglia, su un portale adagiato sui masegni, dove Martí Guixé trasforma il nostro logo in una seduta sociale connessa agli spazi della caffetteria e della Libreria Giovanni. Un nizioleto ci accoglie e anticipa l’esperienza, come un titolo stampato sulla copertina di un libro. Dentro si dispiega lo spazio composito, eclettico, vivo e permeabile della Fondazione: una casa aperta dove fare scorte di libri, di idee, di relazioni.
Al secondo piano ci attende l’abitazione del Conte, al primo la sua biblioteca, il cuore pulsante delle sue passioni. E poi gli spazi trasformati da Scarpa, Pastor, Botta e De Lucchi: architetture che dialogano diacronicamente e sincronicamente, vasi comunicanti, isole d’intelligenza. Al terzo piano, la mostra di John Baldessari si rivela come un viaggio visivo dove nulla di intentato è stato lasciato. Perché l’arte, come la meraviglia, è un mondo ancora da esplorare: un paesaggio dove la natura non è ancora cultura, e dove non esistono né canoni da imitare, né tradizioni retoriche a cui appoggiarsi / di cui avvalersi.
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I Partner di OpificioQuerini
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